L’esposizione
comprende libri, riviste, manifesti, fotografie e altro materiale documentario
futurista e post-futurista, dalla fondazione del movimento ai nostri giorni.
Tre le sezioni in cui si articola:
1. Il Futurismo 1909-1944: dalla fondazione alla
morte del fondatore
2. Il Futurismo dal secondo dopoguerra agli anni
Ottanta: l'eredità nell’era radiotelevisiva
3. Nuovi Futurismi dagli anni Ottanta ad oggi:
l'attualità nella rivoluzione digitale
L’esposizione
propone una nuova periodizzazione dell’arcipelago futurista, individuando due
cesure fondamentali. La prima è il 1944, anno della morte del fondatore
Marinetti, che, venendo a coincidere grosso modo con la fine del secondo conflitto
mondiale e quindi del ventennio fascista, segna non solo l’esaurirsi del
Futurismo come movimento organizzato, ma anche l’inizio del periodo della damnatio memoriae. Negli anni del
secondo dopoguerra restano attivi molti futuristi (Gerardo Dottori, Tullio
Crali, Mino delle Site, Sante Monachesi, Antonio Marasco, Osvaldo Peruzzi,
Alessandro Bruschetti, etc.), ma questi non sono più in grado di essere un
gruppo compatto. Con il passare degli anni i primi storici e critici (Calvesi,
Crispolti, De Maria, Tallarico, Antonucci, Verdone etc.) iniziano a riscoprire
l’importanza del Futurismo, mentre nel 1967 moltissimi dei futuristi ancora viventi
si riconoscono nella dichiarazione “Futurismo Oggi”, in cui si legge: «Il
futurismo è – in primo luogo – un’idea, non soltanto la raccolta di una
stupenda serie di opere ed intuizioni. Un’idea nata alla vita con il primo
manifesto di F.T. Marinetti. Un modo di pensiero vivo sempre attuale a livello
di qualunque età: nel 1910, nel 1920, nel 1940, nel 1960 ed oltre». E quindi:
«Il futurismo non può essere considerato soltanto come un movimento di
avanguardia delle arti plastiche e circoscritto in un determinato periodo di
tempo. Esso è una concezione rivoluzionaria in continuo rinnovamento perché si
fonda, appunto, sul divenire delle cose e delle idee». Questi “futuristi di
metà secolo” vivono in piena epoca radiotelevisiva, ma anche nell’epoca delle
esplorazioni spaziali. La seconda cesura è utile collocarla a metà degli anni
Ottanta e più precisamente nel 1986, anno della grande mostra veneziana “Futurismo
& Futurismi” a Palazzo Grassi, in cui il Futurismo per la prima volta dalla
morte di Marinetti ottiene una notevolissima visibilità mediatica. Ma questa
data, a metà degli anni Ottanta, costituisce uno snodo cruciale non solo dal
punto di vista della critica e della storia dell’arte: da lì a qualche anno,
infatti, sarebbe cessata l’attività degli ultimi futuristi che avevano
conosciuto Marinetti, e comunque nessuno di loro sarebbe riuscito a farsi
interprete della nuova rivoluzione tecnologica che stava muovendo i primi passi
proprio in quegli anni. Con il nuovo millennio, una nuova sensibilità futurista,
profondamente legata all’evoluzione dei media digitali, si manifesta in gruppi
e movimenti (Net.Futurismo, Transumanesimo, etc.) attivi prevalentemente sulla
rete globale, portando avanti, pur nella discontinuità, l’ideologia e la
poetica nate nel 1909.
I
documenti sono stati gentilmente prestati da: Archivio Carlo Erba, Collezione
Luce Marinetti, Archivio Tallarico, Archivio Saccoccio, Novecento di
Massimiliano Vittori, Archivio Conte, Archivio Guerra, Archivio Balice.
Nessun commento:
Posta un commento